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Benvenuti a HollyTube, nella fabbrica TV 10 anni dopo

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NEW YORK. Ho visto il futuro. E non è un gattino che fa le smorfie. Confesso che il pregiudizio era rimasto, in un angolo della mia testa. You Tube l’ho visto nascere in California dieci anni fa. Quando hai conosciuto uno da bambino, è difficile liberarti dai ricordi iniziali. Su YouTube ho visto passare per anni video dilettanteschi, roba da farti una risata e da scordare cinque secondi dopo. L’ho usato a mia volta per ritrovarci spezzoni di programmi tv, frammenti di concerti, magari rubati in barba al copyright.

Preistoria. YouTube è il futuro, e non solo perché lo dicono i numeri. A dieci anni dalla sua nascita, e nove anni dopo essere stato comprato da Google per quella che allora sembrò una cifra notevole (1,65 miliardi: oggi spiccioli), YouTube è ancora un bambino ed è già uno dei Padroni della Rete. La quantità di immagini che si riversano su questa piattaforma dà le vertigini: 300 ore di video vengono aggiunte (“caricate”) ogni minuto che passa. Chi ha tempo per guardare questo Big Bang di immagini e musica? Tanti: un miliardo di utenti al mese. E il numero di ore quotidiane che spendiamo per andare a pescare informazioni o spettacoli su questo sito crescono a velocità esponenziale: più 50 per cento l’anno da un anno all’altro. Anche l’Italia è stata soggiogata, colonizzata: 20 milioni di utenti unici al mese sono un terzo della popolazione nazionale, ottuagenari compresi; 1,2 miliardi di pagine viste al mese. Cosa guardate lì dentro? Di tutto e di più. Di preferenza, in Italia, i tutorial, un genere che su YouTube ha trovato nuova vita: “manuali per l’uso” che t’insegnano a fare proprio tutto. Dal premio Nobel di economia, fino a Clio Make up, il fenomeno virale della ragazza di Belluno (ma residente a New York) che insegna alle coetanee come truccarsi.

In America siamo già su un altro pianeta, su una dimensione diversa. YouTube fa tremare Hollywood. È nella creazione di serie, di comedy show, che la piattaforma digitale nata nella Silicon Valley si candida a diventare il vero rivale della majors situate un po’ più a sud, a Los Angeles. Per capirlo dovevo riuscire a introdurmi negli studios di YouTube  –  primo giornalista italiano a “profanare” questo santuario. Ci ho messo un po’ a trovarlo. Il laboratorio del nostro futuro è ben nascosto. Come insegnano i migliori thriller di spionaggio, se vuoi essere invisibile devi stare nel luogo più esposto, in mezzo alla folla. Il Chelsea Market, per esempio, brulicante di turisti a tutte le ore. YouTube (come suo fratello GoogleLab) sta proprio lì. Ma raggiungerlo… Le istruzioni che mi vengono mandate dall’interno suonano così: “Un po’ come il binario 9 e 3/4 di Harry Potter, ci arrivi solo se sai bene cosa fare… Una volta dentro al Chelsea Market cerca il Caffè 9th Street Espresso, sta vicino a una fontana. Là troverai anche questo ascensore, premi il piano 6… anche se YouTube è segnata al 5°”.

Caccia al tesoro, dunque, ma di un vero tesoro si tratta. La grotta di Alì Babà, mascherata da stazione spaziale della Nasa. Una volta penetrato nello YouTube Space di New York (secondo al mondo per dimensioni, dopo quello di Los Angeles), scopro una miniatura dei grandi studios delle majors hollywoodiane. Ventimila metri quadrati. Tecnologie da fantascienza, i soli cavi a fibre ottiche che da questo laboratorio connettono e trasportano immagini, sono lunghi centottantasette volte l’Empire State Building. Più delle grandezze colpisce la miniaturizzazione, perché lo consentono le tecnologie: le salette di registrazione mi ricordano altrettante newsroom delle grandi tv americane come quella Fox-News che frequento, solo più in piccolo. Il gigantismo è virtuale. Gli spazi di lavoro replicano, come a Hollywood o un tempo a Cinecittà, scenari tipici per film e serie televisive: c’è il Diner newyorchese dove hanno ambientato tanti dialoghi delle sitcom, la boardroom dove si riunisce un consiglio d’amministrazione di banchieri di Wall Street, perfino una camera mortuaria con bara già pronta. Anche le toilette sono pensate  –  e utilizzate  –  per girarci delle scene video. Ma chi usa tutto questo bendiddio? Li vedo coi miei occhi, che affluiscono qui dentro. Sono i futuri Francis Ford Coppola, Martin Scorsese, Woody Allen, Jim Jarmusch o Paolo Sorrentino. Hanno vent’anni, e un fuoco magico addosso. Vogliono sfondare nella tv o nel cinema. Sanno già maneggiare con perizia telecamere, apparecchi foto, computer. Sono maghi delle tecnologie e non vogliono passare sotto le forche caudine dei network tv o dei potentati del cinema tradizionale. Vengono qui a frotte, li vedo sciamare per i corridoi, fermarsi nei workshop, assistere a lezioni pratiche, o mettersi direttamente al lavoro per girare dei brevi film, documentari, serie comiche, tutorial.

“YouTube  –  mi dicono i suoi dirigenti  –  ha smesso di essere un canale, un semplice contenitore, oggi la parola chiave per noi è: creazione”. Il laboratorio al sesto (o quinto? boh) piano del Chelsea Market, è un luogo dove si fa addestramento: ai giovani creativi viene insegnato ogni trucco del mestiere, per sfornare a gran velocità video di altissima qualità professionale. E poi piazzarli al pubblico infinito che vaga su internet alla ricerca di qualcosa. “La prima fase della nostra storia  –  dicono i capi  –  è servita a democratizzare i contenuti; ora vogliamo democratizzare la produzione”. Come diventare un regista-produttore-attore di successo, senza baciare le pantofole di Mgm, Sony-Columbia, Fox, come si usava una volta? È il modello Silicon Valley: sii imprenditore di te stesso, se Hollywood non ti assume devi crearti una start up che aggiri il vecchio establishment. Alcuni registi già affermati hanno i piedi in due staffe, non si sa mai: Guillermo del Toro lo vedi spesso da queste parti, sta allevando la sua nidiata di giovanissimi seguaci.

Basta avere un canale su YouTube, e almeno cinquemila abbonati (gratuiti), per poter affittare questo spazio a ore. La soglia è più bassa per iscriversi ai corsi. Se hai vent’anni e vuoi raggiungere il pubblico dei tuoi coetanei, this is the place to be, questo è il posto dove devi essere. I tuoi coetanei navigano su YouTube mentre non sanno più cosa sia un televisore: è un elettrodomestico che sta in casa dei genitori. Cinquantamila giovani sono già passati in questo laboratorio per seguire corsi di formazione. Altri ventiquattromila a Tokyo. Poi c’è quello di San Paolo: i brasiliani sono scatenati, uno dei popoli più creativi su YouTube. Questo ecosistema audiovisivo cresce a una velocità così forsennata, che un pezzo del vecchio establishment sente di doverci essere. Con YouTube si sono associati gruppi come il network televisivo Cbs e la Bbc inglese. Non si sa mai: meglio non rischiare di perdere i contatti con un’intera generazione.

Il racconto della mia visita non sarebbe completo, senza un momento d’imbarazzo. Mi presentano alcuni creativi, autori di serie comiche esilaranti. Il mio favorito è Paul Gale. Interpreta le disavventure di un giovane single, sfortunatissimo con le ragazze. Oppure s’inventa il personaggio di un cameriere di Starbucks che al momento di scrivere i nomi dei clienti sulle tazze (rito che potete capire solo se siete stati in America, ndr ) li storpia sistematicamente per osservare le reazioni. Il clima è ironico, gioioso. Si raffredda solo quando ai creativi viene chiesto quanto guadagnano. Hanno milioni di seguaci, dunque affluisce la pubblicità. Ma nelle loro tasche ne arriva una parte, non esaltante.
La grotta di Alì Babà esiste, l’ho vista coi miei occhi. Le chiavi del tesoro le tiene in pugno sua maestà YouTube

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